domenica 27 novembre 2022

Il vagabondo furibondo

Il suffisso latino -bundus crea aggettivi derivanti da nomi o da verbi. È l’antico participio presente di fiō (diventare) che ritroviamo anche nella forma futura -bo (ad esempio amabo, amerò). Indica dunque un processo, un’azione in divenire.

Di questi vocaboli la lingua latina ne conteneva più di cento, ma molti permangono ancor’oggi in italiano, con il suffisso -bondo. Alcuni di uso comune: vagabondo, furibondo, moribondo, nauseabondo; alcuni più ricercati: meditabondo, sitibondo, errabondo, tremebondo, cogitabondo, gemebondo, pudibondo, fremebondo; altri termini sono invece rari: esitabondo, ridibondo, migrabondo, dubitabondo; altri infine sono praticamente scomparsi dai dizionari: lacrimabondo, ondabondo, plorabondo, predabondo, tentabondo…

Nella lingua francese sono in uso voci come furibond, nauseabond, pudibond, vagabond, floribond, mentre in spagnolo ritroviamo tra le altre vagabundo, moribundo, tremebundo, nauseabundo. Anche alcuni dizionari inglesi le riportano, seppur con uso letterario: plorabund, tremebund, ridibund, ludibund, aspectabund…

 


  

 

domenica 20 novembre 2022

Le misure contano

Prima dell’Unità d’Italia (ma anche per molto tempo dopo), il sistema di misurazione delle superfici, dei liquidi o dei pesi variava da regione a regione, addirittura da comune a comune, in una varietà enorme di voci, con grandi problemi a livello commerciale, amministrativo o legale.

Riportiamo qui in ordine alfabetico, come esempio di queste differenze, le unità di misura delle superfici agrarie, dalle Alpi alle isole, alcune delle quali abbandonate solo nel secondo dopoguerra:

l’aratro, l’atomo, il bacile, la biolca, la bisaccia, il braccio, il buchetier, la calvia, il caltu, il campo, la canna, il carozzo, la carra, la carretta, la carteirà, il cartu, la cartuccia, il cartuzzo, il cavezzo, il cento, la cervelliera, il civayer, il coccio, la codda, la coppa, la coppolata, il coppello, il coppetto, il coppo, la corba, la corbula, la cozza, la cucuzza, il destro, l’emina, l’eminà, l’eminée, l’eminata, la gallata, la garoppa, il ghebbo, la gialatata, la giornata, la giunta, il graber, l’heminée, l’imbudu, l’istareddu, lo iugo, lo joch, lo jugero, il klafter, il maunmahd, la meazza, la medazza, la mera, la mezzenga, la mezzarolata, il miallo, il liaro, la mina, la misura, la misurellata, il misurello, il metiere, il mezzetto, il minuto, il mitiere, la mittarata, il moggio, il moiu, il momento, la mondellata, il mondello, l’oncia, l’opera, l’ordine, l’orto, l’ottavata, il palmo, la partita, il passo, il passitello, la pergola, la pertica, il pesenale, la pezza, la piattata, la picciolata, il picciolo, il piede, il piò, la provenda, il pugillo, il punto, il quarantale, la quarra, la quartanata, la quartaronata, il quartiere, il quartiglio, il quartuccio, il quartucciu, il quartuddo, il quartullo, la ràsola, il rubbio, la saccata, il sacco, la salma, lo scacco, la scodella, lo scorzo, lo scrupolo, il sedicino, la seteirà, la seterée, la seteur, il settor, la solca, la spazza, la squejata, la squellata, lo squello, lo staio, la stara, lo staro, lo starello, lo stero, lo stioro, lo stoppello, la stoppellata, la stuppellata, il tagmahd, la taura, la tavola, la tesa, la tinella, la toise, la tomolata, il tomolo, la tornatura, il trabucco, il trentale, la tresca, la vaneza, la versura, la vigna, il vignale, la vite…


domenica 13 novembre 2022

La bruciatura della frittura

Molte parole che nella nostra lingua esprimono un’azione sono dei sostantivi di genere femminile che derivano dal participio passato di taluni verbi. Oggi vediamo quelle terminanti in -ura.