Il
termine latino ambra deriva dall’arabo ànbar,
che ha influenzato (oltre l’italiano) anche il francese ambre, l’inglese amber,
l’irlandese ómra, lo spagnolo e il
portoghese àmbar.
Il
senso di pietra illuminata è presente in molte lingue slave: jantar
è russo, ceco, slovacco, sloveno e croato; in lituano è gintaras, in lèttone dzintaras.
L’antico
persiano kahrobâ
è invece entrato nel turco kehribar, quindi nel greco moderno kechrimpári e
in altre lingue balcaniche: l’albanese qelibar, il bulgaro kechlibar,
il rumeno chihilimbar e il serbo ćilibar.
Il concetto di “pietra che brucia“ è invece del tedesco Bernstein, e da questo allo svedese bärnsten, al polacco burszstyn,
all’ungherese borostyán, al
bielorusso e ucraino burshtin.
Per
i norreni della Scandinavia l’ambra era raf,
come oggi nel danese e nel norvegese rav.
Per i finlandesi e gli estoni,
infine, l’ambra è qualificata come “resina di mare”, con i rispettivi termini meripihka e merevaik.