domenica 2 settembre 2018

La pietra che brucia


Il termine latino ambra deriva dall’arabo ànbar, che ha influenzato (oltre l’italiano) anche il francese ambre, l’inglese amber, l’irlandese ómra, lo spagnolo e il portoghese àmbar.
Il senso di pietra illuminata è presente in molte lingue slave: jantar è russo, ceco, slovacco, sloveno e croato; in lituano è gintaras, in lèttone dzintaras.
L’antico persiano kahrobâ è invece entrato nel turco kehribar, quindi nel greco moderno kechrimpári e in altre lingue balcaniche: l’albanese qelibar, il bulgaro kechlibar, il rumeno chihilimbar e il serbo ćilibar.
Il concetto di pietra che brucia“ è invece del tedesco Bernstein, e da questo allo svedese bärnsten, al polacco burszstyn, all’ungherese borostyán, al bielorusso e ucraino burshtin.
Per i norreni della Scandinavia l’ambra era raf, come oggi nel danese e nel norvegese rav.  
Per i finlandesi e gli estoni, infine, l’ambra è qualificata come “resina di mare”, con i rispettivi termini meripihka e merevaik.