La strofa, dal greco strephein (voltare), era il momento del dramma in cui il coro recitava un’ode volgendosi verso gli spettatori. Il termine viene dalla radice indoeuropea *streb(h)- che significa avvolgere, girare, ma anche rivoltare la terra.
Da questa sono nati pure l’apostrofo (da apostrephein, allontanarsi, voltare), la catastrofe ( da katastrephein,
rovesciare, capovolgere) ma anche strabico
(da strabizein, guardare
storto, quindi strabuzzare), lo stroboscopio e la
scrittura bustrofedica, quella che
va da sinistra a destra e nella riga successiva da destra a sinistra (da boustrephein, l’andatura dei buoi, buos, quando arano il terreno).
Questa metafora agricola la ritroviamo in un'altra
parola, stavolta latina, sempre con un riferimento alla poesia: versus, il verso. Ha origine da un’altra radice indoeuropea, *wer-, che ha il significato di girare,
piegare.
Innumerevoli termini sono nati da versus:
viceversa, versante, avversario, versione, vertice, vortice, vertigine,
universo, diverso, anniversario, vertebra, sovvertire, avvertimento,
convertire, verticale, introverso, divorzio, attraversare, divertimento…
Il verso stesso è molto “versatile”: oltre
la poesia può riguardare la facciata di un foglio, la voce degli animali, una
direzione da prendere, una vicinanza, un orario approssimativo.
Il solco del
terreno era, per i Romani, lira e
ancora oggi usiamo il verbo delirare,
vale a dire uscire dal solco. Chi invece segue con obbedienza la traccia,
apprende. Come l’inglese to learn,
parente della lira latina.