Con la classica espressione c’era una volta comincia convenzionalmente ogni fiaba che si rispetti e ogni narrazione popolare tramandata oralmente.
Così come molte fiabe le ritroviamo in tutte le lingua europee ed in molte extra-europee – o per lo meno nelle tracce e negli schemi – così avviene anche per quell’incipit tradizionale. Con piccole variazioni, naturalmente (“Once upon a time…”; “Il était une fois…”).
O grandi, come in polacco (“Oltre le sette montagne, oltre le sette foreste…”), in lituano (“Oltre i nove mari, oltre le nove lagune…”), in estone (“Oltre le sette terre, oltre i sette mari…”), in ceco (“Oltre le sette montagne, oltre i sette fiumi…”), in ungherese (“Oltre sette paesi, oltre il mare di Óperencia, oltre le montagne di vetro, dove i maiali dalla coda riccia grufolano…”), in slovacco (“Oltre le colline, oltre le valli…”), oppure in russo (“Nel regno dei tre noni…”), in kazako (“Quando le capre avevano le piume…”), in armeno e in georgiano (“C’era, non c’era…”), o in tedesco (“Ai tempi in cui era ancora utile desiderare qualcosa…”), in rumeno (“C’era una volta, perché se non c’era non sarebbe stata raccontata…”) o in particolare in turco, con un inizio a mo’ di filastrocca e con giochi di parole (ovviamente in turco: “C’era una volta e una volta non c’era: nei giorni di un tempo lontano, quando i setacci separavano la paglia, i geni giocavano alla giostra in un vecchio bagno turco, le pulci erano barbieri, i cammelli banditori, quando cullavo dolcemente la mia nonnina sulla sua culla scricchiolante per farla addormentare, viveva in una terra lontana lontana…”).
Il lieto fine, allo stesso modo, con il tipico e vissero felici e contenti, lo si riscontra in tutte le culture. Probabilmente la nostra espressione viene dal tedesco: “... und sie lebten glücklich und zufrieden bis ans Ende ihrer Tage” (“e vissero felici e contenti fino alla fine dei loro giorni”).
Dall’inglese (“and they all lived happily ever after”, letteralmente “… e vissero felicemente da allora in poi”) allo spagnolo (“… y vivieron felices y comieron perdices”, “e vissero felici e mangiarono pernici”) ritroviamo ovunque l’elemento della felicità. L’happy ending c’è sempre, insomma, seppure con varianti leggermente meno positive. Come in ceco (“… e se non sono già morti, vivono ancora”) o in greco (“… e loro vissero bene, ma noi vivemmo meglio”) o in polacco (“… e anch’io ero lì e ho bevuto vino e idromele”).
In alcuni Paesi poi il finale è differente. Con filastrocche in islandese (“un gatto nel pantano alza la coda, così finisce la nostra storia”), in lituano (“… e io ero lì che bevevo idromele, non l'avevo in bocca, mi sono gocciolato la barba”), in norvegese e in svedese (“snipp, snapp, snute, la storia è finita”) o in armeno e in turco (“tre mele caddero dal cielo, una per chi la scrisse, una per chi la disse e una per chi l’ascoltò”).