Nella scarna ma efficace lingua dei nostri antenati indoeuropei il suono
della consonante m indicava “il limite”.
mā voleva dire misurare; da
questa radice si formarono parole come materia (la sostanza che ha un
limite), metro, mese, ma anche madre
(colei che si occupa dei limiti della vita umana).
La forma mad, o med,
produsse poi parole come meditare e medicare, cioè
riflettere dell’esistenza e accudirla.
La radice rappresentata dalla vocale i significava invece camminare, avanzare, andare
oltre. La ritroviamo nel latino ire, andare, o in gi’,
presente in molte forme dialettali italiane.
id era l’andare verso la luce
(in sanscrito vuol dire preghiera), in greco formò invece idea; in
latino iu diede iuvenis (il
giovane), colui che va avanti nella vita, mentre ius (la
giustizia) era l’unione con la legge divina...
Il fonema della consonante g indicava il movimento, in particolare quello
tortuoso. Il latino ignis (fuoco) viene da questo, come
il gonía greco, che indica l’angolo, così
come altre parole quali anguilla, sangue (che
si muove nel corpo), angelo (colui che porta il
messaggio).
Dunque mīg (m+i+g, l’unione dei tre concetti) voleva dire andare oltre il
limite, muoversi da un posto a un altro, sconfinare. Migrare. Questo verbo si è
mosso insieme ai suoi parlanti, nel corso di secoli, sia verso l’Asia
meridionale sia verso il continente europeo.
Andare oltre il limite. Tutte le grandi scoperte e le grandi intuizioni
dell’umanità sono avvenute grazie allo sconfinamento, sia territoriale che
mentale.
Agli italiani (o meglio a coloro che hanno abitato l’Italia) è sempre
piaciuto molto migrare, muoversi, curiosare. “Un popolo di navigatori…”, si
dice. È piaciuto andare oltre non solo ai trasmigratori, ma pure ai santi, agli
artisti, ai poeti.

I Cesari fanno dello spostare continuo del confine delle province, il
limes, la ragione di vita della stessa Roma.
Francesco d’Assisi passa quasi tutta la sua breve esistenza (dopo la
conversione) a predicare e camminare, arrivando una volta perfino in Egitto.
Fibonacci,
il matematico viaggiatore, va oltre i limiti della matematica europea
arricchendola con le competenze arabe.
Tommaso d’Aquino spende gran parte della sua vita studiando e insegnando tra le
università di Parigi e Colonia.
Marco Polo e Matteo Ricci vanno oltre le barriere delle conoscenze geografiche e
culturali viaggiando verso l’Oriente.
Dante vive
gli ultimi vent’anni di vita in esilio e va oltre il limite, quello del
mortale, immaginando di arrivare addirittura in paradiso.
Petrarca
vive a lungo in Provenza per affinare il suo stile poetico e modellare la
neonata lingua italiana.
Leonardo
va oltre i limiti delle nozioni conosciute della scienza e della tecnica,
osservando e sperimentando (ed emigrando in Francia).
Colombo
e Vespucci vanno ben oltre le
colonne d’Ercole, per curiosità e per bramosia.
Rossini
è italiano fino al midollo, eppure preferisce vivere a Parigi 25 anni.
Garibaldi
va oltre l’oceano a portare la sua idea di rivoluzione.
Toscanini
e Fermi espatriano in disaccordo con
l’oscenità del fascismo, emigranti come milioni di connazionali.